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Sei in: Saggi critici | Lorenzo Morandotti
In un celebre racconto dei “Sessanta” che raccolse per Mondadori da Dino Buzzati, un critico d’arte si lambicca il cervello per quadrare un cerchio: come consegnare in tempi brevi all’editore un testo che, in modo adeguato e non risibile, commenti un artista le cui opere sono, per lo più, sfide alla comprensione, per quanto allenata.
Il realismo magico del geniale scrittore e giornalista del “Corriere della Sera” condurrà il commentatore alla creazione di un linguaggio “altro”, tanto indecifrabile quanto comico-burlesco. Ben altro effetto avrebbe avuto una ricognizione sull’opera di De Palos, che da oltre un trentennio si manifesta, a noi fossili della vita e della storia, come una lieta epifania. E indica un cammino di speranza armoniosa e pacificata, di cui c’è bisogno più che mai. Come nella tradizione islamica tutto inclina al ritmo, così nel mondo non solo evocato ma incarnato in senso plastico da De Palos, dai suoi gioielli e dalle sue ceramiche, dalle sculture e dagli esercizi di pittura complessa, ha diritto di parola la musica del cosmo, con le sue architetture e partiture profonde.
È un mondo abitato da minuziosi animali geometrici, apparentemente senza tempo, ma che in realtà scandisce una verità cronologica originale e autonoma. È un mondo che rasserena, si diceva, perché sappiamo ci sopravvivrà ed è fatto di segni primordiali, di verità antiche come la vita stessa. Che si organizzano in strutture e in forme ora semplici ora evolute. E insieme fanno cenni d’intesa alle silenti costellazioni da cui siamo nati - e verso le quali il destino ci orienta - e all’occhio di chi guarda, qui e ora. Non per ingannarlo, o peggio ancora per tradirlo, ma per il piacere di una sottile e perenne seduzione razionale.
Lorenzo Morandotti
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