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Sei in: Saggi critici | Maurizio Vitiello
Un asterisco per Gianfranco De Palos
Gianfranco De Palos, artista che produce sane composizioni, riesce a misurare e a convertire una sincerità segnica nella dimensione astratto-geometrica.
Le immagini di De Palos, singolari nella loro semplicità compositiva, riescono ad emergere e a fissarsi in elaborazioni geometriche di tutto rispetto, in cui si percepisce la chiave lirica che inquadra l’immaginario suprematista, da El Lissitskij a Malevic, ed una rivisitazione attuativa dei principi sottolineati da Kandinskij nel suo maggior saggio “Lo spirituale nell’arte”.
Con un disegno essenzialmente contrappuntato e mentalmente preciso tenta di centrare una ricerca del senso primitivo delle cose e, contemporaneamente, un’esistenziale vitalità, modulazione dinamica che sfugge, talvolta, alle rese visive.
L’esplorazione alla ricerca delle radici umane, la voglia di scartare la materia e di conversare con l’infinito sintetizzano gli umori segnico-grafici che distinguono i leggeri disegni colorati dell’artista romano, che si accostano riverenti alle voci di un intimo sentire.
La segmentazione segnica dell’artista Gianfranco De Palos trasporta una conciliazione concentrata, ma appassionante, di liricità che si può notare con la grande trasmissione di memorie dell’astrattismo geometrico, da Mondrian e dai costruttivisti russi fino ai nostri italiani Radice, Soldati, Dorazio.
Nello stuzzicante mondo astratto-geometrico di Gianfranco De Palos non si registrano fremiti doloranti ed elegiaci, ma lo sviluppo di storie, memorie e possibilità; viene teso un arco di accaduti e di scenari venturi.
Le strade, le distanze, le lontananze s’attestano nella contiguità delle e-vocazioni geometriche di De Palos.
Le linee di De Palos non si pongono in comunione di riferimenti mitopoietici, piuttosto si rappresentano nei termini di una autonomia espressiva, giustificata nell’assemblaggio di elaborazioni costruttiviste a sé stanti, ma in parte.
Insomma, l’artista non sposa l’ illustrazione, né correda dettagli su dettagli, ma sviluppa un suo discorso personale, in linea con le direttrici estetiche che furono alla base del pensiero ontologico di Kandinskji: “Se dunque nel quadro una linea viene liberata dal fine di designare una cosa, e funge essa stessa da cosa, il suo suono interiore non viene attenuato da alcuna funzione secondaria e acquista la sua forza interiore tutt’intera”.
Ed è nelle viscere di questa solidissima affermazione che le sequenze di De Palos acquistano una precipuità, al di là delle classificazioni di comodo o della ritualistica critica, anche quando avvertiamo prepotenti che alcuni impulsi inseguono, più che un racconto parallelo, un percorso di sogni; quasi un’altra sponda ci suggeriscono le “infantili geometrie” di De Palos.
Teneri segni indicano teneri allarmi e suggellano un territorio di riferimenti altri; così, un passaggio terreno s'inverte per aprirsi in breccia su un universo di visioni e di miraggi.
Qui si stacca la mano di De Palos dall’impegno severo per assecondare giocose virtualità.
In conclusione, questo lavoro di integrazione di Gianfranco De Palos richiama la necessità del condividere e dell’estensione della reciprocità.
I nitidi, amorevoli e ben curati reticoli disegnativi dell’artista rendono partecipazione, equilibrano rispetto, sfogliano carature, quasi per raccogliere respiri culturali di cui abbiamo bisogno, oggi, forse, più di ieri.
Maurizio Vitiello
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